Si chiama Luisa Berardi, ha 28 anni e la scrittura è la sua più grande passione, la vincitrice del San Francesco Story Contest. Scopo dell’iniziativa è stato quello di far rivivere un momento, un episodio particolare della festa più sentita di Crucoli Torretta e poterlo raccontare a tutti noi.
La commissione giudicatrice, formata dal trio Giuseppe Barberio (poeta e dirigente scolastico), Giuseppe Virardi (scrittore ed ex dirigente scolastico) e Francesco Cerminara (blogger e cronista locale) ha espresso grande entusiasmo per la partecipazione dei propri compaesani e per il contenuto dei loro racconti.
Di seguito, il racconto vincitore del contest, che si aggiudica anche il cesto delle Eccellenze Crucolesi:
“Avete mai pensato a qualcosa che vi renda spudoratamente felici? Qualcosa che vi faccia ridere di gusto, un pensiero semplice, una canzone, un odore, un colore, una voce, il sorriso o gli occhi di qualcuno. Il mio pensiero semplice, il mio ricordo prepotentemente tenero, è legato agli ultimi giorni d’aprile e alla festa patronale del mio paesino calabro, Torretta di Crucoli: la festa di San Francesco da Paola. Aspetto questa festa come si aspetta la primavera dopo un rigido inverno, con lo stesso entusiasmo con cui si scartano i regali il giorno del proprio compleanno o la notte di Natale da bambini. Aspetto quei giorni per tornare bambina, per tornare a uno dei ricordi più felici di sempre, un ricordo che lega la gioia della festa alla presenza di uno dei punti fermi di tutta la mia esistenza, mia nonna Luisa.
Ero piccola, forse cinque o sei anni. Non ricordo bene quanti anni avessi, probabilmente perchè da bambini l’età è solo un dato, un numero di cui ci importa poco, uno di quei tanti numeri che ci insegnano a scuola e che rimangono fermi lì sul pallottoliere. A me i numeri piacciono poco da sempre, e del pallottoliere ricordo i colori. Era la mattina del 28 aprile, giorno in cui si tiene la processione di devozione al santo per tutte le vie del paese. Tutto è un’esplosione di colori, i vestiti dei miei compaesani (Ah! Sia benedetta la primavera che ci fa scoprire!), i tendaggi a strisce bianche e rosse delle bancarelle di giocattoli e caramelle gommose esposte come gemme preziose, i sorrisi, i fiori intorno alla statua di San Francesco portata in spalla da alcuni uomini del paese, per voto o per prestanza fisica. Mia nonna mi teneva per mano, stretta come per non farmi scappare. La sua mano era segnata dal tempo, come il suo volto, ma era ancora bellissima ed elegante. Portava un vestito blu con dei piccolissimi pois bianchi, una collana di perle, un anello con la pietra viola sulla mano sinistra che le aveva regalato mio nonno Gennaro. Mi raccontava sempre quanto lo avesse amato e quanto lo amasse ancora, anche se i suoi capelli non erano più neri e lucenti come quando lo conobbe, ma di un bianco lana purissimo che s’intonava perfettamente con le perle attorno al suo collo. Ero legatissima a lei, anche se viveva a Napoli, forse perchè non ho avuto la fortuna di conoscere gli altri tre nonni. Eravamo legate come se le nostre mani fossero sempre strette. Sorrideva, la nonna, e abbracciava mia madre.
Sorrideva e ripeteva a mia sorella quanto fosse bella. Rideva guardando il mio vestitino bianco a fiori gialli e le mie gote paffute, stringendomi la mano nella sua mano con l’anello dalla pietra viola. Quattro donne, quattro generazioni a confronto, quattro sorrisi diversi eppure così dannatamente uguali. Io guardavo incuriosita la statua che veniva adagiata sulla barca per farle fare la rituale traversata in mare; è sempre stato un momento magico quello per me, mi ha sempre trasportata in un mondo di fantasia. Adesso mi commuove. D’un tratto, il primo sparo dei fuochi d’artificio mi fece fare un piccolo balzo e strizzare gli occhi e nonna mi strinse a sé, aveva un profumo buonissimo di fiori di campo, il profumo antico della lavanda caldinava. Un profumo che sento solo quando appoggio la testa tra il collo e la spalla di mia madre. Tutti guardavano il santo sulla barca attraversare quel mare turchino, tipico di aprile. Qualcuno scattava foto, qualcun altro pregava, qualcuno stringeva al petto la foto di San Francesco. Alzai lo sguardo e vidi una lacrima scendere giù tra i solchi del viso di mia nonna, sembrava un fiume in piena e le sue rughe erano il letto perfetto di quell’acqua. Mi sono sempre chiesta come mai pianse quel giorno. Crescendo, lo capii da sola. La fede è uno stato d’animo, non si spiega, è dentro le vene e scorre proprio come un fiume in piena. Ogni tanto viene fuori, come quella lacrima sul volto di nonna Luisa. Quando la statua tornò sulla terra ferma e fu riportata in chiesa, io e la nonna ci avvicinammo e lei baciò i piedi della statua dicendo “proteggi la piccolina e saluta Gennarino mio”. Lasciò l’anello con la pietra viola, quello che le aveva regalato nonno Gennaro quando erano ragazzi dai capelli neri e i sorrisi giovani. Capii quanto amore ci fosse in quel gesto. A distanza di anni piango ancora quando penso a nonna, alla sua fede, al suo amore, al suo sorriso, ai suoi capelli di lana, ai pois del suo vestito. E aspetto questa festa per rivivere quel giorno, per assaporare l’amore, per ritrovare la fede. La fede che perdiamo spesso come si perdono le piccole cose, magari un anello. Magari un anello dalla pietra viola.”
Un grazie infinite a tutti per la partecipazione e alla prossima!
#VisitCrucoli #WeloveCalabria
Congratulazioni.